Eremo di Santo Spirito a Majella, Pietro Angelerio futuro Papa Celestino V vi prese dimora per un periodo nel 1246. L’attuale complesso architettonico, però, così come ne possiamo godere oggi, è dovuto a diversi interventi che si sono succeduti nei secoli, in particolare quelli apportati dal venerabile Pietro Santucci nel tardo cinquecento e ad un corposo recupero realizzato negli anni ottanta. L’eremo dall’indiscutibile bellezza sia per le strutture architettoniche sia per la collocazione geografica, è racchiuso nel cuore di una valle immerso nel bosco di faggeta che si “arrampica” sulle pareti delle montagne che lo circondano. Le strutture del complesso monastico sono realizzate su più livelli incastrati sulla parete rocciosa che si sviluppa verticalmente e che spesso fa da tetto agli edifici stessi. La chiesa, i tunnel, le scale scavate nella roccia, la casa del Principe Caracciolo, i verzieri di Sant’Antonio abate e San Giovanni che furono anch’essi eremi, purtroppo andati perduti, secondo i racconti degli abitanti di Roccamorice da un incendio, per giungere fino all’eremo della Maddalena. In quest’ultimo oratorio si trovano gli ultimi 28 gradini che sono una Scala Santa, che i fedeli sovente concludevano in ginocchio. Emoziona trovarsi nel luogo che abitò il papa che rispose alla Chiesa del suo tempo “Io, Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale“, che Dante Alighieri cita nelle pagine della Divina Commedia nel sessantesimo verso del III canto dell’Inferno, il papa secondo il sommo poeta “che fece per viltade il gran rifiuto.” Il papa che scelse volontariamente, primo nella storia della Chiesa, di rinunciare al compito di pontefice. Passeranno più di 700 anni con Ratzinger papa Benedetto XVI che un altro papa, il secondo, scelga di rinunciare al difficile compito di successore di Pietro. Il papa che anche Ignazio Silone ne “L’avventura di un povero cristiano“ ci racconta dando nel suo romanzo, una più giusta collocazione alla figura di questo uomo, monaco, papa, Santo. Coraggio per Silone o ignavia per Dante la discussione rimane aperta, certo è che la scelta di Celestino V fu un segno, un gesto forte di un uomo che non condivise le ricchezze i privilegi e il potere che l’essere pontefice comportava. Nell’anno del Giubileo della Misericordia indetto da papa Francesco, Celestino V torna più attuale che mai, fu lui, infatti, che con la cosiddetta Bolla del Perdono indisse una specie di proto-giubileo precedendo di sei anni il primo anno giubilare, quello del 1300, consentendo ai fedeli del suo tempo, attraverso delle pratiche religiose, di beneficiare dell’indulgenza plenaria. Il pontefice indì la Perdonanaza che ancora oggi, come ogni anno da allora, si celebra il 28 e 29 agosto a l’Aquila capoluogo d’Abruzzo.
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